mercoledì 26 dicembre 2012

Vita salva, per poco



Una notte di fine Febbraio del 1945, al distaccamento Maccari, riposavamo tranquillamente sotto le nostre tende.
Venimmo svegliati improvvisamente.

Una nostra staffetta ha segnalato una imponente forza nemica avanzare da parecchie direzioni.

Circa la metà delle nostre forze si era recata in altra località per il recupero di armi e munizioni, vettovaglie varie, frutto di lanci di arerei anglo americani.

Il comandante Vladimiro da rapidi ordini e ci pone i posizione di combattimento.
Una mitragliatrice è posta in posizione di controllo di strade e sentieri.

l'accampamento viene rapidamente smontato, le vettovaglie nascoste nel bosco.

Si avvista una colonna nemica avanzante.

Al momento opportuno si da ordine fuoco.

Sorpresi i nemici si sbandano, ma poi si riorganizzano e rispondono al fuoco con i mortai.
Ad un certo punto la nostra mitragliatrice si inceppa.

Fascisti e tedeschi vengono avanti.

Constatiamo trattarsi di un grosso rastrellamento, gli avversari sono venuti su da tutte le direzioni: calice Ligure, Mallare , Spotorno.

Praticamente hanno circondato tutta la zona occupata dalla IV Brigata della divisione Gin Bevilacqua.

Siamo in trappola.
Ordini rapidissimi: dividersi in gruppi di 3-4 volontari e, armati, nascondersi nel bosco che è abbastanza fitto.

Con altri due volontari mi ficco in un bosco in mezzo ad arbusti di erica foltissimi che ci nascondevano completamente la visuale.

passa un po di tempo in queste condizioni, non si riesce a quantificare, sembra un'eternità, il tempo si è fermato.

Sentiamo dei passi in lontananza.

Voci in tedesco ed in italiano: tedeschi e fascisti accomunati.

Ci ammutoliamo.
I nostri respiri è come se si fossero bloccati.
I passi si avvicinano sempre di più e con apprensione capiamo che sono rivolti verso un sentiero molto vicino a noi.

Il tempo trascorre lentissimamente, stranamente non nutro alcun timore, la mano posata sulla bisaccia piena di bombe a mano.
Non mi sembrano avvenimenti che possano riguardare la vita e la morte della mia persona.

La lunga fila - li sentiamo camminare ma sono nascosti alla nostra vista- sta per finire.

Ora si sente parlare in italiano.

Si fermano a qualche centinaio di metri da noi, bivaccano, è ora di pranzo.

Noi non abbiamo cibo, non ci interessa, ci manca anche l'appetito.

Sentiamo i loro discorsi.

Mi è rimasta ficcata in testa una voce:" sergente dov'è la mia marmellata" (chissà se l'avrà trovata?)

Finito il loro pranzo si allontanano e il silenzio torna nel bosco.

Rimaniamo soli con formiche , mosche, insetti vari e pidocchi.
A distanza di tempo penso: che fortuna che non avessero i cani.

Poi udiamo una voce amica, uno dei nostri partigiani ci chiama a raccolta: il pericolo è passato.
Si fa la conta: tutti presenti meno uno.

Ci raduniamo, in lontananza vediamo la lunga colonna nemica che ritorna alla base di partenza.

Adesso che il pericolo è cessato la paura entra in me ed un tremolio alle mani mi accompagna tutta la notte.

Il mancante all'appello, preso da timore, non visto getta l'arma e cerca di rompere le file nemiche: viene catturato.
Trascorsa la notte all'addiaccio l'accampamento viene poi ricostituito in un'altra parte del bosco.

Le azzeccate disposizioni dei nostri comandanti hanno salvato distaccamenti e partigiani.

partigiano Remo (Giovanni Taramasco)





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